giovedì 4 agosto 2016

Penelope Poirot fa la cosa giusta: recensione #76

Penelope Poirot: aspirante investigatrice


Il mondo del mistery italiano ha una nuova eroina. È Penelope Poirot, nipote del celebre investigatore Hercule Poirot nato dalla penna di Agatha Christie nonché protagonista di una delle mie serie preferite di sempre. Poteva un personaggio simile non suscitare la mia irrefrenabile curiosità? Non poteva. Ma forse, per una volta, avrei fatto meglio a non soddisfarla. 

Penelope Poirot fa la cosa giusta è il primo romanzo di una serie (al momento il secondo volume è in lavorazione) firmata Becky Sharp (pseudonimo di una traduttrice/critica letteraria italiana che preferisce mantenere segreta la propria identità) che ha come protagoniste la critica gastronomica e aspirante investigatrice dal cognome altisonante e la sua assistente Velma Hamilton, una donna che ha cercato fin da bambina di aderire il meglio possibile allo stereotipo della zitella inglese. 
Il racconto è ambientato a Villa Onestà, lussuosa clinica salutistica nelle colline del Chianti in cui Penelope Poirot si reca in cerca di relax e pace. Purtroppo per lei e per la sua segretaria, però, il soggiorno si trasforma ben presto in un susseguirsi di tensioni e drammi, che prevedibilmente culminano in un misterioso delitto. Penelope si sente chiamata in causa e fa di tutto per risolvere l’arcano. Peccato che dal suo antenato belga non abbia ereditato che il nome. 

Dopo un lunghissimo preambolo, in cui vengono presentati i numerosi ospiti e dipendenti di Villa Onestà e le dinamiche e i rapporti che li legano, il lettore è costretto a seguire i maldestri tentativi di indagine dell’eccentrica protagonista e della sua insicura segretaria, fino a un’improbabile e – ahimè – insoddisfacente soluzione. 
A raccontarci ogni cosa sono direttamente Velma e Penelope, narratrici rispettivamente della prima e della seconda parte del romanzo. Inoltre, al termine di ogni capitolo, l’autrice ha posto dei brevi frammenti in cui racconta i punti di vista degli altri ospiti della villa, talvolta anche quello della villa stessa. 
Se il tentativo di questa doppia narrazione (lasciamo perdere gli intermezzi, che ho trovato superflui ma a volte piacevoli) era quello di illuminare la relazione tra le due protagoniste, che mi pare di capire dovrebbe essere il punto di forza dell’opera, direi che il risultato non è stato raggiunto. 
Le due eroine di Penelope Poirot fa la cosa giusta non riescono neanche per un secondo a staccarsi dagli stereotipi di cui sono figlie. Una volta capito che Penelope si veste in modo assurdo, e che quell’altra si ostina a recitare la parte della zitella acida ma che in realtà ha tanto bisogno di affetto, abbiamo detto tutto. Niente a che vedere con le finezze del meraviglioso investigatore belga di Agatha Christie. 
Di buono c’è che la galleria di possibili sospetti è abbastanza riuscita e che qualche scena è piuttosto divertente.
Simpatica parodia del romanzo a enigma, l’opera di Becky Sharp in definitiva non convince. Molto meglio accendere la tv e guardarsi un episodio del vero Poirot.


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