domenica 9 agosto 2015

Recensione #67: Orrore vesuviano

Una donna troppo bella per un paese troppo brutto

Se dovessi trovare una definizione per le letture di quest’estate, 
probabilmente sceglierei: “l’estate delle fiabe”. Tra Chi manda le onde, La vita sessuale dei nostri antenati e in un certo senso anche L’estate infinita, mi sembra di imbattermi continuamente in grandi e complessivamente poco riuscite favole sull’Italia di ieri e di oggi. Come se questo Paese si raccontasse meglio attraverso il filtro della fantasia. O, chissà, magari sono io che spero di intrattenermi con letture apparentemente leggere e invece finisco sempre a cercare il senso della vita.
L’ultimo romanzo di questa non troppo fortunata serie è Orrore vesuviano. Un libro di cui, nel bene e nel male, due settimane dopo che l’ho finito, non ricordo già quasi più niente. Come si dice, rapido e indolore.
Ad ogni modo, con un discreto sforzo di memoria, sono riuscita a recuperare qualche stralcio della trama, che riassumerei così: "la storia di una donna troppo bella in un paese troppo brutto". Il paese in questione è Orrore Vesuviano, triste cittadina (ovviamente frutto della fantasia dell’autore) aggrappata al Vesuvio, crogiolo e metafora non troppo brillante delle miserie dell’Italia contemporanea, devastata dalla malavita, dalla spazzatura e dall’indolenza della popolazione. La donna troppo bella è invece Aurelia Scala, splendida quanto sfortunata fioraia, apparentemente destinata a veder morire in modi trucidi e fantasiosi tutti i suoi numerosi spasimanti. Forse che questi sanguinosi delitti hanno a che fare con i misteriosi riti compiuti da suo figlio Luca, il quale, sognando di avere mammà tutta per sé, desidera ardentemente la scomparsa di tanti insistenti innamorati?
Mentre i misteri intorno al negozio della bella fioraia si infittiscono, il piccolo Luca si ritrova a fare i conti con tante domande sulla propria storia: chi è suo padre? E perché tutti in paese sembrano sapere qualcosa sul suo conto che sua madre si ostina a non rivelargli? 

Le narrazioni che adottano il punto di vista dei bambini non sono mai facili: è difficile per un autore adulto trovare un tono che sia ingenuo e anche credibile; non da uomo maturo in miniatura, ma nemmeno da imbecille. Devo dire che sotto questo profilo Orrore vesuviano non è male: la scrittura di Francesco Costa è allegra e scorrevole, e il giovane protagonista risulta piuttosto simpatico; la trama forse un po’ scontata e un po’ ripetitiva, ma non malvagia. Inoltre – e questa è una vera rarità – dopo tante peripezie, il finale non è disturbante né banale. Insomma, se lo si pensa come una semplice fiaba, direi che non è niente male. Se invece si pretende di farne una metafora della società contemporanea, non ci siamo proprio: il paragone con l’Italia di oggi è superficiale e pieno di luoghi comuni, e i personaggi, che non si capisce se dovrebbero rappresentare delle caricature di diversi tipi umani, non sono poi così spassosi. E soprattutto – come dicevo – dopo pochi giorni, tutta questa ironia e questi paradossi sono già finiti nel dimenticatoio…

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