giovedì 11 aprile 2013

Recensione #38: Se ti abbraccio non aver paura


Viaggio oltre la retorica

Comincio questa recensione seguendo due consigli: quello di riprendere la buona abitudine di scrivere (grazie Anna), e quello, per una volta, di dare un parere decisamente positivo su un libro (grazie Laura). Spero di fare cosa gradita ai miei venti lettori!
Comincio quindi a pagare il mio debito con la Nefelomanzia dalla fine, raccontando del libro che ho chiuso ieri sera, con niente meno che un lacrimone a bordo occhio.

Se ti abbraccio non aver paura ha bussato alla porta delle mie prossime letture diverse volte, prima che lo considerassi; e alla fine, con la determinazione che solo il destino, mi si è messo in mano (grazie Mari) e mi ha raccontato la sua storia. La storia di un padre coraggioso che, sfidando ogni buonsenso e prudenza, attraversa le Americhe con suo figlio autistico Andrea.
Primo elemento di fascino: è una storia vera, avvenuta nel 2010. Le immagini del viaggio sul sito sono una vera sorpresa: Andrea è un ragazzo bellissimo e sorridente, e assomiglia parecchio a suo papà. E con questo (ammetto con una punta di vergogna) metà dei miei pregiudizi sull’autismo sono andati. L’altra metà viene dissipata dall’autore, che, nonostante la vicenda sia raccontata in prima persona, non è il protagonista della storia, ma Fulvio Ervas, uno scrittore specializzato in gialli vagamente surreali, a cui il padre di Andrea ha raccontato la sua storia, da bravo veneto, a colpi di ombre de vin. Devo dire che Ervas è proprio bravo: racconta questa avventura senza pietismi e senza pudori, con un trasparenza che a tratti è dolorosa e a tratti veramente sorprendente. 
Dove l’avventura non è solo il viaggio stupendo  a spasso per il Nuovo Continente, e neanche la libertà di non progettare niente oltre il domani; è soprattutto quella di una relazione padre-figlio costruita, come tutte, ma ovviamente più di tutte, sulla fatica e sul silenzio. Particolarmente commoventi sono proprio i brandelli della loro comunicazione. Non quella verbale, a cui difficilmente Andrea riesce ad affidarsi, ma quella scritta. Attraverso il computer, infatti, il ragazzo ha imparato a rispondere alle domande dei genitori, esprimendo i propri pensieri e stati d’animo. Ervas trascrive alcuni brani di queste conversazioni, stupefacenti per la consapevolezza che testimoniano. Un lettore ignaro e benpensante come me ne rimane ferito: istintivamente si racconta che un ragazzo autistico non si rende conto della propria condizione, che vive in un mondo parallelo e, chissà perché, felice. Invece Andrea  parla a suo padre della malattia, gli dice che soffre, e che si sforza di essere diverso. Se ti abbraccio non aver paura mette il lettore benpensante spalle al muro, e lo costringe a fare i conti con una situazione incredibilmente dura. E poi, allo stesso tempo, lo risolleva. E mostra, attraverso la figura di questo padre coraggioso, come anche nella sofferenza non valga la pena di farsi prendere dallo o sconforto. Molto meglio invece affrontare la questione e amare, e al limite sfidare il proprio limite e partire.

Saranno i vuoti d’aria, sarà la fine del viaggio. Sarà che la vita è complicata e bella. Sarà perché noi non sappiamo e almeno immaginare, bello o brutto che sia, ci porta oltre.
Ci porta a domani.

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