lunedì 27 agosto 2012

Recensione #21: La nausea


Vietato ai minori

A proposito di libri consigliati da mia cugina, devo assolutamente menzionare La nausea. Anche se, a dir la verità, non è stata lei a convincermi ad affrontarla. Al contrario, l’effetto che ai tempi aveva prodotto su di lei mi aveva messo parecchio in guardia nei confronti di questo libro. Me la ricordo benissimo: 18 anni e una crisi esistenziale in corso. I diari di Antonio Roquentin non potevano non peggiorare la situazione.

Dopo anni di viaggi e avventure, il protagonista del romanzo si è ritirato a Bouville (città immaginaria in cui molti hanno riconosciuto Le Havre, dove Sartre abitava al tempo della scrittura), dove scrive la biografia di tale Signor Rollebon. Consuma giorni uguali, tra biblioteca e caffè, lasciando svanire lentamente i ricordi delle proprie avventure.
In pochi giorni, però, la gretta quotidianità di quest’uomo solo viene sconvolta dall’esperienza della Nausea.

La Nausea. L’espressione fisica di un disagio covato troppo a lungo. La consapevolezza, che esplode nelle pieghe di una dimensione ferocemente piccolo borghese, dell’esistenza, inutile, di tutti gli uomini e di tutte le cose.
Da questo stato, evidentemente, ogni contatto umano diventa impossibile. Gli unici due personaggi che si stagliano sullo sfondo delle mediocri comparse del romanzo, in effetti, sono irrimediabilmente irraggiungibili per il protagonista. Tra l’altro, trovo queste scene di “confronto”, tra Antonio e l’Autodidatta, e tra Antonio ed Anny, particolarmente riuscite.
In un crescendo terribile di angoscia, il protagonista dapprima riconosce un vago malessere, e poi, progressivamente, realizza e razionalizza la condizione misera di tutti gli esistenti: «Ogni esistente nasce senza ragione, si protrae per debolezza e muore per combinazione».
Solo nella conclusione, si prospetta una remota possibilità di salvezza attraverso l’arte. Ma, sinceramente, mi è sembrato solo un pallido tentativo consolatorio, dopo duecento pagine di devastazione.

Diciamo che capisco come questo libro possa gettare nello sconforto un adolescente. E, in effetti, non posso definire questa lettura piacevole, neanche dall’alto dei miei 24 anni.
Certamente, però, posso definirla interessante. A tratti – devo dire non sempre, sono più una da scene drammatiche che da speculazioni filosofiche – anche molto coinvolgente.
Illuminanti soprattutto le pagine relative alla differenza tra vivere e raccontare la vita. Per una che ha abitualmente a che fare con i libri, a volte è bene marcare la differenza:

Affinché l'avvenimento più comune divenga un'avventura, è necessario e sufficiente che ci si metta a raccontarlo...

2 commenti:

  1. Giulietta! Ogni tanto leggo con piacere i tuoi (e dei tuoi soci) post! Concordo con questa recensione...anche io ho letto la nausea di recente (poi mi sono data a una serie di letture comicissime, per compensare)ma Sartre a volte arriva a certe profondità, come quando parte per le sue dissertazioni sul tempo che... mi lasciano totalmente affascinata!
    Augurandoti il meglio, spero di aver occasione di vederti presto.
    Un abbraccio

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  2. Grazie, cara omonima, su Nefelomanzia sei sempre benvenuta!
    Spero anch'io di vederti presto!
    ps se ogni tanto ti andasse di scrivere anche qualche recensione, mi farebbe molto piacere :)

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