martedì 17 aprile 2012

Incursioni musicali: episodio #5


Avete anche voi una canzone, che senza nessun preavviso e alcuna volontà, si palesa alla vostra mente ogni qual volta non sapete che parole pronunciare, a cosa pensare o cosa fare?
Una specie di “Supercalifragilisichespiralidoso” per intenderci. Il “cosa dire quando non si sa cosa dire, sperando che quel che vien detto riesca a risolvere l’empasse del momento”.  Pura magia, insomma, che ovviamente, non sortisce alcun effetto.
In queste situazioni mi capita immancabilmente di cantare While My Guitar Gently Wheesp
Perché? Non ne ho la più pallida idea.
Pela, la gatta coinquilina, me l’ha sentita cantare spesso ed in ogni tonalità e tempo possibile. E, se posso farmi un complimento, sul ritornello me la cavo proprio bene.
Ho  da sempre avuto un sentimento contrastante nei confronti del doppio album “The White Album”. Una metà dei pezzi è memorabile e l’altra metà …. Di alcune canzoni avremmo proprio fatto a meno. Cosa sia passato in testa al buon Paul quando scrisse Obladì- obladà o la modestissima Honey Pie o a John e Yoko quando elaborarono Revolution n° 9,  rimarrà un mistero.
Ma nell’altra metà dell’album ci sono tra le ballate pop più fini, intime, superficialmente semplici e profondamente ricercate  mai ascoltate prima.
Blackbird, per iniziare. Voce, chitarra e… metronomo. Se mai avrò un figlio, ho deciso, per farlo addormentare gli canterò “Blackbird singing in the dead of night, take these broken wings and learn to fly, all your life, you were only waiting for this moment to arise”.
Julia, il cui primo verso recita: “Metà di quello che dico non ha senso ma lo dico solo per giungere a te, Julia”. Conoscete parole più adatte per esprimere  quei colloqui, o meglio, soliloqui,  che un innamorato accenna nel momento in cui tenta di riconquistare l’amata?
E poi Dear Prudence, Happiness Is A Warm Gun, Martha my dear, Glass Onion, I Will, Mother Nature’s Son e…. basta così.
Inutile dirvi, che nella mia personalissima classifica dell’album, al primo posto ci sarebbe proprio While My Guitar Gently Wheeps. Sarà l’arpeggio struggente di Eric Clapton (assoldato come guest star  proprio da George Harrison, autore del brano) sarà l’immagine di una chitarra che piange dolcemente, sarà...
Sarà che spesso accade che ci leghiamo a persone, luoghi, oggetti e, perché no,  canzoni in modo del tutto misterioso. L’unica spiegazione che riesco a darmi  è che  lì, in quella relazione,  assaporiamo  briciole di pura bellezza. Ed ogni parola aggiunta a motivare quel nostro legame, finirebbe col falsificarlo e, quindi, immediatamente, abbrutirlo.
Ora, perché non mi raccontate quale è il vostro mantra musicale? 

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