venerdì 9 marzo 2012

Recensione #3: L'arte di correre




Lo scrittore maratoneta

“Forse ho un carattere complicato, ma se non metto le cose nero su bianco non riesco a pensare, e per riflettere sul significato che ha per me la corsa a piedi, ho dovuto rimboccarmi le maniche  e metter giù quanto segue.”

Credo che chiunque si entusiasmi quando già a pagina 4 di un libro trova una frase in cui si riconosce. O almeno, a me succede.
L'arte di correre contiene parecchie frasi che mi rispecchiano; direi che è il primo motivo per cui mi è piaciuto. 

Chiariamoci: dire che considero Murakami uno spirito affine  è sicuramente troppo; ma sicuramente il suo modo di raccontare mi affascina. Direi che sono contenta di averlo incontrato. Da tempo volevo leggere qualcosa di suo. Kafka sulla spiaggia, 1Q84, sono titoli originali, e che ho visto esposti in decine di vetrine, oltre che in cima alle classifiche di vendita… insomma, ero curiosa.



Credo che però L’arte di correre sia un po’ diversa dalle altre  sue opere. Non è un romanzo, ma una specie di libro di memorie (questa per lo meno è la definizione che ne dà lui). Sono ricordi e pensieri sul tema della corsa, che l’autore ha raccolto tra il 2005 e il 2006.
Ne viene fuori un bel percorso; Murakami analizza il proprio rapporto con questo sport: dalle prime corse nel parco, agli allenamenti per le maratone, alla scoperta, passati i cinquant’anni, del triathlon. 
Cosa spinge una persona a correre da sola per ore, ogni giorno? A quanto pare, la stessa forza che la spinge a sedersi al tavolino per ore ogni mattina, e scrivere. 

Con il procedere dei capitoli, la personalità dell’autore emerge chiaramente: è un carattere ostinato, capace di educare e plasmare il proprio corpo, di spingere la volontà e il fisico fino al limite della sopportazione. Un carattere determinato, come forse solo uno scrittore può essere.

Devo ancora spiegare perché questo libro mi è piaciuto? J
Forse però posso aggiungere una cosa: stanotte ho sognato di correre una maratona!

Ma a questo punto voglio abbandonare il tema della corsa, e dare una svolta al mio percorso di lettura. Nel libro, Murakami parla spesso, e in toni di entusiasmo di Il grande Gatsby (tra l’altro ne ha curato la traduzione in giapponese). Io ho sempre voluto leggere Fitzgerald, quindi… perché no?

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